Settore Adulti

ADULTI – “FUORI PORTA”

Dal 17 al 20 luglio, immersi nella bellezza semplice e silenziosa dell’Oasi Carpineto a Colle San Marco, nei pressi di Ascoli Piceno, si è svolto il Campo estivo nazionale per adulti dell’Azione Cattolica. Un tempo prezioso, pensato per sostare, ascoltare, riflettere, ma soprattutto per abitare insieme una porzione di realtà, condividendo storie, fatiche e speranze. Il titolo del campo, “Fuori porta – Abitare per costruire Comunità”, è stato più che un semplice invito a mettersi in cammino: è stato una provocazione, una chiamata a uscire, dalle proprie certezze e dalle proprie routine per incontrare l’altro, lasciandosi interrogare e trasformare.

In un mondo sempre più segnato da fratture, polarizzazioni e solitudini, siamo stati invitati a riflettere su che cosa significhi oggi “partecipare”. Il verbo scelto come filo conduttore del campo è stato infatti partecipare, per condividere, per esserci. Partecipare non come presenza passiva o osservazione a distanza, ma come atto intenzionale di responsabilità adulta: abitare davvero la realtà significa esserci, sentirla nostra, lasciarsi toccare da ciò che accade, secondo la lezione di don Milani: “I care”, mi sta a cuore.

Nella prima giornata introduttiva, i vicepresidenti Paola Fratini e Paolo Seghedoni, ci hanno condotto dentro il cuore del campo, presentando il percorso e ponendoci una domanda fondamentale: quali sono le caratteristiche del vivere la comunità? Le parole chiave sono state: sentirsi parte (coscienza di specie), identità distintiva (chi sono e a chi appartengo), continuità e cambiamento (tradizioni e rituali condivisi).  Aiutati da don Oronzo Cosi, assistente centrale per il settore Adulti, abbiamo attraversato, come il popolo di Israele, l’esperienza esodale di Israele: abitare in Egitto (schiavi ma con pane e carne), abitare nel deserto (liberi ma nella precarietà), abitare la Terra Promessa, non senza rileggere l’esperienza, alla luce di quanto detto da Gesù, “non di solo pane vive l’uomo”, perché non basta la sicurezza materiale per costruire un popolo: servono relazioni, storia condivisa, ritualità, fiducia. Abitare per costruire, secondo la logica evangelica, ci ha fatto riflettere su una prospettiva ribaltata rispetto alla logica comune: non si costruisce per poi abitare, ma si abita per costruire.

La comunità, luogo di relazioni imperfette, a volte conflittuali, ma reali.

Nella seconda giornata, il giornalista dott. Pierluigi Vito, ha approfondito la figura dell’adulto colui capace di tessere legami e assumersi responsabilità: un albero dalle radici profonde che dona ombra; colui che ha padronanza del tempo, ma che sa che il tempo non è più suo e per questo si impegna a lasciare qualcosa a chi verrà dopo.

Abitare per costruire significa dover partecipare, con corresponsabilità, umiltà e speranza, consapevoli che abitare è decidere che la Comunità ci riguarda. Una decisione che richiede umiltà, tempo, fiducia, gratuità, fatica, speranza. Non c’è spazio a protagonisti solitari: si cresce solo se tutti sono coinvolti, se ognuno ha una responsabilità. È così che si costruisce un “noi” di corresponsabilità.

Come AC siamo invitati ad abitare innanzitutto la comunità ecclesiale vivendo in pieno la nostra ministerialità laica, radicata nel battesimo, quale forma propria di servizio alla comunione. L’AC, quando promuove alleanze, crea reti, vive la propria missione nella società, è Chiesa viva.

Ma non c’è solo una Comunità ecclesiale. Posti nel mondo abbiamo sentito il dovere di abitare la comunità digitale e politica, con senso critico e sensibilità evangelica. Non possiamo restare fuori dai luoghi dove oggi si formano opinioni, affetti, visioni del mondo. Nella rete si gioca una parte della testimonianza cristiana: essere “samaritani digitali”, per restituire umanità piena in una realtà che isola sempre più le persone. Anche la comunità politica deve essere abitata: sostenendo la democrazia, promuovendo il bene comune, accompagnando amministratori locali, coltivando la cultura della partecipazione, anche senza ruoli istituzionali. L’AC fa politica nel senso più alto: stando nei luoghi della città, con chiunque, anche con chi non la pensa come noi.

Che cos’è Comunità? Comunità è presenza, volto, memoria. Nel pomeriggio del secondo giorno

abbiamo toccato con mano il senso profondo del “fare comunità” attraverso le testimonianze di Andrea, Paolo e Francesca: tre giovani-adulti di Arquata e Pretare, territori feriti dal terremoto del 2016. Le lacrime di Francesca, al termine dell’incontro, hanno parlato da sole. Comunità è stare nella stessa lacrima e nello stesso sorriso; è condividere paura e speranza: una prossimità reale.

La comunità è ferialità; è radici culturali e spirituali, è memoria che si fa presenza viva…e nostalgia di persone e luoghi che un terremoto ha voluto spazzare via.

La Comunità è Ascolto e discernimento: lo stile sinodale.

Il dialogo, il terzo giorno con Mons. Giampiero Palmieri, vescovo di Ascoli – Piceno, con il nostro Presidente Nazionale Giuseppe Notarstefano,  ha ridato profondità al nostro stare insieme come AC, come Chiesa uniti anche nello stile sinodale, perché ascolto e discernimento non sono parole vuote, ma prassi che formano una comunità aperta ai segni dei tempi. La Chiesa non vive solo per sé stessa ma, ci ha ricordato Mons. Palmieri, si lascia provocare da ciò che viene dal mondo. L’ascolto è un’azione. Il discernimento aiuta a leggere il senso profondo delle cose.

Giuseppe Notarstefano ha proposto un’immagine forte: passare dalla giostra all’otto volante.: cambiare una situazione più tranquilla e prevedibile con una più intensa e adrenalinica. Questo è essere adulti credenti oggi: tra coraggio e responsabilità. Accettare la complessità, non sterilizzare le provocazioni, avere coraggio, tessere relazioni, allenare altri alla partecipazione democratica, a generare cambiamento. Le nostre riunioni, ha detto provocatoriamente, non devono essere momenti per ripeterci le cose tra di noi, ma occasioni per dare carne e storia alla Buona Notizia.

Conclusione: E adesso, cosa dobbiamo fare?

Questa è la domanda che ha attraversato tutto il campo, come negli Atti degli Apostoli: “E adesso, cosa dobbiamo fare?”. Tanto all’inizio di Atti quanto al termine compare questa domanda, sia in Pietro  – che riceverà la sua risposta nella casa  di un pagano, Conelio – sia al termine di Atti, nella casa di Paolo. Cosa dobbiamo fare? Non è una domanda retorica, è la condizione permanente della Chiesa nel mondo. Oggi, cosa dobbiamo fare? Oggi, dove dobbiamo abitare? Oggi, con chi dobbiamo condividere?

Il Campo “Fuori porta” non ci ha dato risposte definitive, ma ci ha consegnato strumenti: l’ascolto, il discernimento, la corresponsabilità, la prossimità, il coraggio. E soprattutto ci ha ricordato che la comunità si costruisce abitandola, rimanendo, anche quando è difficile, anche quando costa.

Abitare è il verbo del nostro tempo. E l’Azione Cattolica Adulti ha scelto di abitarlo con fede, intelligenza e amore.

 

Oasi Carpineto – Colle San Marco (AP),  20.07.2025

 

Graziano Aloisi

Vice presidente Settore Adulti

Diocesi Nardò – Gallipoli

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