Settore Giovani

C’è bisogno d’amore – affettività e sessualità nei cammini SG

di Andrea Santantonio

Quando si parla di affettività e di sessualità si parla di temi che toccano le corde della nostra esistenza, ciò giustifica il perché è necessario un grande sforzo per poterli trattare con il giusto equilibrio. Proprio questa prima osservazione richiama noi educatori a dover essere continui cercatori di senso su questi temi in quanto uomini e donne in cammino. Più che in altre tematiche, qui è pressoché necessario partire dalla propria consapevolezza e il primo blocco grande sta proprio in questo: nell’attingere alla propria esperienza.

Tuttavia, come ci sottolineava bene d. Davide Russo nello scorso momento formativo, quando in una relazione educativa si crea un vuoto, questo non rimane mai tale, ma sarà colmato da altri, e non possiamo negarci che su questi temi, noi educatori cristiani abbiamo più e più volte fatto orecchie da mercante, delegando a Maria De Filippi l’“educazione” a riguardo: come ben dicono gli appassionati del reality defilippiani, “Maria (De Filippi) li accoppia (con Uomini e Donne), li separa (con Temptation Island) e li rimette insieme (con C’è posta per te)”.

Soprattutto su questi temi le agenzie educative delegano la loro missione nel creare spazi “protetti” in cui si possa colmare il desiderio dei nostri ragazzi adolescenti di trattare questo tema, tant’è che poi loro attingono a fonti meno protette quali “il sentito dire”, la TV e, ormai molto più di frequente, la pornografia.

Anche dalla riflessione degli educatori è emerso quanto sia importante parlare di questi temi; i motivi sono tanti: si è detto che è una condizione che riguarda tutti; le nostre vite sono circondate da relazioni affettive; la propria identità è fortemente condizionata da come si vive la sfera affettiva/sessuale; è importante parlarne per proteggere l’amore da chi lo attacca quotidianamente.

Non ci sfuggono però le tante difficoltà che si incontrano: è necessario metterci la faccia; nessuno vuole sentirsi giudicato sulla propria intimità; molto spesso la dottrina della Chiesa viene avvertita come “indigesta”; si tratta di scardinare numerosi modelli sbagliati.

Partendo da questa riflessione, d. Davide ci ha fornito alcune chiavi di lettura utili per poter affrontare questi temi, sottolineando alcuni rischi da sventare e alcune opportunità da cogliere.

Ecco alcuni rischi:

  1. il primo rischio è quello di pensare a degli incontri troppo “tecnici”, confondere i nostri incontri con delle lezioni di biologia. Questo atteggiamento crea freddezza nei confronti di chi ascolta e una conseguente chiusura nella condivisione.
  2. Il secondo è quello di pensare di affrontare il tema in ambito ecclesiale solo come presentazione della dottrina; questo non vuol dire evitare di parlarne, ma gli insegnamenti della Chiesa sono da presentare sempre come meta di un cammino e mai come precetti sterili. Una meta sarà irraggiungibile senza un adeguato cammino che porta ad essa.
  3. Il terzo rischio è la parzialità, ovvero parlare solo delle cose che ci stanno “più simpatiche”, che non creano imbarazzo o che non ci scomodano più di tanto nel trovare modi e circostanze utili per parlarne.
  4. L’ultimo rischio è di parlare di questi temi soltanto attraverso i casi limite, avventurandosi spesso in giudizi e critiche spietate sugli stili di vita delle persone e dimenticandosi invece di attingere alle numerosissime testimonianze di quotidianità, in cui l’affettività trova una sua dimensione giusta e appropriata. Questo ci fa anche dimenticare di quanto è importante parlare di questi temi in maniera progressiva, come un percorso di maturazione e mai come un insieme di regole fine a se stesse.

Le OPPORTUNITA’:

  1. è importante convalidare questi temi, le questioni di cui non si parla – né in famiglia, né a scuola, né in parrocchia – danno l’idea che non sono cose di cui parlarne, su cui riflettere, lavorare e costruire un cammino e magari lasciarsi accompagnare.
  2. Dal modo in cui ne parliamo, abbiamo l’opportunità di creare con i nostri giovani/giovanissimi un importante rapporto di empatia. Questi temi, per la loro connotazione naturale, permettono davvero all’educatore di porsi come compagno di viaggio: ascoltare le confidenze dei ragazzi, sia quelle formali-esplicite, sia quelle informali-implicite, è una grande opportunità per vivere al meglio l’esercizio evangelico dell’accompagnamento.
  3. Su alcuni temi probabilmente c’è una maggiore urgenza piuttosto che su altri; don Davide ne evidenziava alcuni:
  • parlare del custodire l’amore e non dei metodi del soffocamento; passare da un approccio distruttivo ad un approccio costruttivo che aiuti i ragazzi ad investire le loro energie su ciò che valorizza un rapporto e non su ciò che lo indebolisce;
  • aiutare i ragazzi a passare dal sogno alla realtà: spesso i ragazzi sono innamorati più di un ideale, di un’idea di ragazza/o, piuttosto che di una persona reale e delle sue innumerevoli sfaccettature. In questo discorso si inserisce la riflessione sul senso dell’attesa e della gradualità (anche nel rapporto fisico)… “ogni fretta è segno di una noia”;
  • parlare del rapporto tra dipendenza ed autonomia: i nostri ragazzi vivono un rapporto, che per la loro età, è strettamente legato ai loro genitori, dipendono in tutto da essi. Arriva il momento dell’adolescenza è desiderano essere totalmente autonomi da essi, non accentando consigli o l’idea che qualcuno possa aiutarli e seguirli. Succede spesso che questa autonomia, conquistata e ricercata, viene sacrificata quando arriva l’amore: certe relazioni di fidanzamento assomigliano tanto a relazioni di dipendenza reciproca. Solo un io maturo, solido, che parte da un volersi bene permette di amare sul serio l’altro ed evitare delle relazioni compensative;
  • sentimento pubblico vs sentimento privato, c’è l’idea che l’amore e l’affettività siano qualcosa di intimamente personale e non si permette a nessuno di intromettersi. In realtà i nostri ragazzi sono subissati da modelli pubblici che condizionano fortemente il loro modello di rapporto amoroso. È importante allora aiutarli a smascherare i miti del falso amore e far capire che qualcosa che penso sia soltanto mio e fortemente influenzato da ciò che mi gira attorno.

E Dio che c’entra?

Gesù ci ha insegnato che il fine della vita è donarsi. Il sentimento del vivere con un’altra persona, non è solo una questione di chimica, di ormoni o di emozioni, ma è un invito che Dio ci ha messo dentro. Così riusciamo a trasmettere l’idea che ogni storia d’amore è un pezzo di Vangelo; quanto più riesco a donare con amore un pezzo di me stesso tanto più sto rispondendo alla mia vocazione.

Il desiderio dei ragazzi di stare con gli altri è il segno che la fede sta già operando dentro di loro e che lo Spirito Santo li invita ad intendere la loro vita come dono verso gli altri.

In tutto questo teniamo salda l’idea che il più grande alleato che possiamo avere è la nostra esperienza personale: è lì, in quel tesoro che noi abbiamo dentro, fatto di relazioni fallite e relazioni riuscite, di amore donato e di amore ricevuto che possiamo attingere per proporre agli altri qualcosa di veramente autentico e credibile.

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