di Valeria Manfreda*
Cara AC di Nardò-Gallipoli, sono Valeria, ho 20 anni e in questo momento mi trovo a Torino, la mia seconda città, e studio Ingegneria Biomedica al Politecnico. Prima di trasferirmi qui, vivevo a Felline, la prima e indimenticabile “città”.
Come tutta la nostra nazione, anch’io sto vivendo l’attuale emergenza sanitaria dovuta al Coronavirus. Quanto tutto ha avuto inizio io ero ovviamente a Torino ed ero in piena sessione invernale. Il 24 febbraio avrei dovuto sostenere il mio ultimo esame e poi sarei potuta andare in vacanza anch’io: una vacanza prettamente psicologica, sia chiaro, perché di lì a una settimana sarebbero ricominciate le lezioni, quindi non avrei avuto il tempo utile per un viaggio.
Ma il 23 febbraio arriva la prima ordinanza di chiusura di scuole e università in Piemonte, per cui salta tutto. Inizialmente pensavo che entro la prima settimana si sarebbe risolto tutto, che avrei potuto concludere la mia sessione e magari avrei avuto un po’ di tempo per rilassarmi. All’inizio nessuno di noi aveva le idee chiare su cosa stesse per accadere.
Settimana dopo settimana, infatti, la situazione è precipitata: il numero dei contagi è salito esponenzialmente, soprattutto nel Nord, dove sono attualmente.
Insieme ai numeri, però, salivano anche la paura e la preoccupazione di potersi ammalare e di essere per la prima volta da sola, senza i miei genitori. Per cui il primo pensiero è stato quello di fare i bagagli, prendere il primo treno utile e tornare a casa.
Ma poi ho fatto emergere la parte razionale e ho pensato che mia mamma lavora con bambini e famiglie, è un assessore comunale, è un’educatrice ACR; mio papà è un vigile urbano ed è a contatto ogni giorno con tante persone diverse. Quindi ho riflettuto sul disastro che avrei potuto creare se solo fossi stata, magari a mia insaputa, positiva al virus.
Pertanto, con un’enorme dose di coraggio, ho deciso di rimanere a Torino, lontana più di 1000 km dalla mia famiglia, costretta a vedere mamma e papà tramite una stupida videochiamata su WhatsApp, con il rischio, ormai quasi certo, di non poter rivedere loro e i miei fratelli nemmeno per le vacanze di Pasqua.
La vita da universitaria fuorisede non è mai stata una passeggiata ma, credetemi, adesso è ancora più difficile. Mi ritrovo spesso da sola nella mia stanza a pensare e, inevitabilmente, mi si riempiono gli occhi di lacrime perché ho paura. Ho paura per i miei fratelli impegnati in prima linea in ospedale, per mio padre che ancora lavora, per mia madre che è a stretto contatto con lui.
«Che poi io l’ho sempre saputo in tutti i momenti difficili e volevo solo dirti che se ci credi in fondo andrà tutto bene», dice Nesli in una delle sue canzoni. Io ci credo, ci voglio credere! Perché fino a qualche settimana fa, mentre studiavo per gli esami, pensavo “ma che brutta vita che faccio”. In questi giorni ho capito che invece quella vita a me piace tantissimo e che mi manca davvero.
Questo periodo può rivelarsi utile un po’ a tutti e ci insegna che le cose brutte, le cose difficili, sono altre e che proprio non dobbiamo lamentarci di qualche piccola privazione: risulteremmo irrispettosi nei confronti di quelle migliaia di persone che in queste ore stanno lottando per ritornare a respirare come prima, con la speranza di poter abbracciare vittoriosi i propri figli con le poche forze che gli sono rimaste.
Concludo citando nuovamente Nesli:
«Amo questa vita all’infinito, amo l’infinito in questa vita. E tu smetti di piangere bambina, non è finita finché non è finita. Se ti dico che andrà tutto bene, se ti dico “non ti preoccupare”, che alla fine ne usciremo insieme anche a costo di dover lottare. Se ti dico “guarda là il tramonto”, dopo tutto passerà il momento, è perché lo sento».
Andrà tutto bene! Passerà il momento e dopo aver lottato ne usciremo insieme, ci riabbracceremo come non abbiamo mai fatto prima… e sarà bellissimo!
* studente fuorisede – giovane della Parrocchia S. Leucio M. in Felline
Alla mia Valeria, giovane della nostra A. C di Felline dico che: sei una ragazza con un coraggio immisurabile e di una saggezza impareggiabile altrimenti non avresti agito nel modo in cui ci hai comunicato. Vai avanti Valeria anche se i momenti di paura o di tristezza di tanto in tanto ti vogliono accarezzare, rivolgi gli occhi al cielo e sappi che Qualcuno ti sta guardando, anzi è accanto a te. Un abbraccio. Franca De Iaco